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Giovani e lavoro: l’importanza della formazione

Un brano di un noto cantante Dargen D’Amico, La mia generazione, dà uno spaccato della situazione attuale della Gen Z, ma anche di alcuni Millennials che ancora cercano di trovare il proprio posto nel mondo.

È finito il tempo per parlare
La mia generazione non ha futuro
 Ma ha ancora voglia di ballare
 Quindi sposta i mobili contro il muro
 È finito il tempo per parlare
 La mia generazione non ha futuro
 Ma ha ancora voglia di ballare
E non c’è niente di vero e purtroppo è tutto vero
La via Lattea è la ma non puoi berla
Abbiamo perso il sentiero
Le stelle sono la, le stelle sono l’acne del cielo”

Dargen D’Amico- La mia generazione

Questo brano mette a nudo il sentiment di molti ragazzi e molte ragazze: la precarietà, il senso di impotenza davanti alle contingenze, la mancanza della percezione di una prospettiva futura, l’obbligo di “correre”, la voglia di cambiare e di fare, il senso di smarrimento.

Sensazioni trasversali ad ogni aspetto della vita, incluso quello professionale che influisce su quello relazionale. Percezioni condivise. Emozioni che vengono amplificate all’ingresso nel mondo del lavoro. Cosa fare? Come farlo? Si può fare (“Posso farlo?”) Si deve fare?(“Devo farlo?”)

Queste sono le domande che spesso ci si pone all’inizio di un’esperienza professionale, nonostante i tentativi e l’ impegno  per prepararsi nel migliore dei modi possibili. Da ciò si evince che, forse, c’è qualcosa che bisogna fare per mettere le persone nella condizione di non porsi continuamente queste domande, ma di poterle porre o addirittura di avere una risposta in fase di on boarding: di essere formati per il ruolo.

Ecco la ragione per cui ci teniamo a sottolineare e porre alla vostra attenzione il ruolo della formazione. C’è un legame tra questa ed il sentire dei giovani ed entrambi sono collegati al lavoro.

ragazzi seduti alla scrivania davanti al computer

Cosa si intende per formazione?

La formazione è un processo. Il termine forma-azione significa dare forma, forma in azione e non esiste una definizione univoca condivisa.

Infatti, possiamo intenderla come procedura formale per facilitare l’apprendimento, come  processo di acquisizione di abilità, come un’attività di sviluppo che contribuisce al benessere e dal successo (se gli obiettivi riguardano i comportamenti, la leadership, la soddisfazione lavorativa e non le capacità e le competenze)

Ha un impatto determinante nello svolgimento del lavoro, ma sempre più spesso risulta inadeguata non mette le persone nelle condizioni di lavorare bene ed in autonomia. C’è un mismatch. Colpa dei giovani? Colpa della scuola? Colpa dell’università?

Per prima cosa, sarebbe bene non dare la caccia al responsabile perché non sarà trovandolo o parlando di colpe che risolveremo la questione. Bisognerebbe chiedersi cosa possiamo fare per evitare questo disallineamento.

Come trovare allineamento tra la formazione e il mondo del lavoro

Si possono cercare opportunità di apprendimento continuo e di formazione, ma è necessario che ci sia un adeguamento del percorso scolastico-accademico con le richieste delle aziende.

Posto in questi termini, potrebbe sembrare che ci siano solo lavoratori molto qualificati per il proprio ruolo o solo lavoratori sotto qualificati.

Non è così. Il punto è proprio che non c’è incontro tra domanda ed offerta. Va bene la valutazione del potenziale, l’attitudine della persona (aspetti determinanti e fondamentali che meritano attenzione e valorizzazione) però è importante saperli usare come strumenti per la costruzione di competenze.

La formazione non è solo teorica e non è una perdita di tempo e di denaro. La formazione è un investimento a lungo termine che permette alle aziende di essere produttive e competitive sul mercato.

Non è un caso che i corsi di formazione siano obbligatori e che il compito di organizzarli rientri tra le funzioni delle Risorse Umane (altre parole non scelte a caso perché sono proprio le persone il principale asset aziendale).

Il ruolo delle Risorse umane nell’inserimento nel mondo del lavoro

Le Risorse Umane, ormai da diverso tempo, strutturano un percorso di inserimento della persona nel contesto aziendale però in molti casi le premesse iniziali e le indicazioni date non possono o non vengono seguite a causa di questioni organizzative interne o di altri aspetti considerati prioritari.

Non è, invece, prioritario, mettere la persona nelle condizioni di svolgere bene e rapidamente il proprio compito riducendo le probabilità di commettere errori e di far sentire in difficoltà la nuova risorsa? Non è importante creare il collaboratore adatto al nostro contesto?

Irene Saya

Psicologa del lavoro e del benessere nelle organizzazioni (n iscrizione Ordine Piemonte 9396) Inseguo la mia passione per il mondo HR “come fosse l’ultimo autobus della notte” (T. Guillemets). Sarà per questo che dalla Trinacria sono arrivata a Milano facendo tappa nella città della Mole e non conosco la mia prossima destinazione? Già! Dopo la laurea col massimo dei voti ottenuta con una tesi su un progetto di formazione innovativo in FCA, mi sono occupata di recruiting e di progettazione di interventi formativi in piccole aziende fatte da grandi persone che mi hanno arricchita umanamente e professionalmente, insegnandomi a cogliere la bellezza collaterale degli imprevisti. Adesso sono una recruiter di profili IT. Il mio motto è: “Ci saranno sempre pietre sulla strada davanti a noi. Saranno ostacoli o trampolini di lancio; tutto dipende da come le usiamo” (Friedrich Nietzsche).

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