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Formazione

La chiave del successo lavorativo: il senso di appartenenza

Appartenere, sentirsi parte di un gruppo è un bisogno psicologico fondamentale: quello di appartenenza.

 Si appartiene ad un’ideologia, ad un gruppo, ad un ordine professionale, ad una categoria, ad una generazione, ad un luogo, ad una comunità ed al tempo stesso si appartengono idee, pensieri, oggetti, comportamenti, emozioni, sentimenti.

In ambito lavorativo, il bisogno di appartenenza è evidente nell’appartenenza ad un team, ad una divisione, ad un progetto e all’azienda stessa. Per quanto riguarda quest’ultima, ciascuna persona prova delle emozioni che si manifestano attraverso aspetti comportamentali e cognitivi.

Cos’è il senso di appartenenza?

Il lavoratore ha un attaccamento emotivo nei confronti della propria organizzazione e questo legame si chiama senso di appartenenza. Potremmo anche definirlo come la percezione di fare parte di un gruppo e, dunque, un’ovvia conseguenza del bisogno di appartenenza.

Perché il senso di appartenenza è importante sul lavoro?

Il senso di appartenenza è importante perché ci protegge dallo stress. Secondo alcuni studi, è una protezione, una vera e propria barriera. Ad esempio, secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori e ricercatrici in ambito scolastico, pubblicato sulla rivista scientifica Teaching and Teacher Education:

“Tanto più l’individuo si identifica con la propria organizzazione, tanto più farà propri i valori e gli obiettivi organizzativi, cercando di realizzarli con elevata motivazione.

La letteratura sull’argomento mostra come il senso d’appartenenza organizzativa sia correlato al coinvolgimento al lavoro, alla performance, alla soddisfazione lavorativa. Più recentemente la ricerca, in linea con il nostro studio, ha mostrato il ruolo che il senso d’appartenenza gioca anche a livello personale come fattore protettivo contro lo stress. Identificarsi con una entità sovraordinata (organizzazione, gruppo) soddisfa importanti bisogni umani di appartenenza e di sicurezza.

Tanto più si fa squadra in un ambiente di lavoro, tanto più si agirà in modo cooperativo e collaborativo. Le ricadute sulla sfera affettiva e sull’equilibrio psicologico appaiono evidenti: sostegno e aiuto dagli altri; maggiore scambio di informazioni; condivisione di esperienze”.

Quindi, il senso di appartenenza ha un impatto positivo sia sulla singola persona sia sull’azienda.

Diverse ricerche hanno dimostrato che i dipendenti emotivamente legati alla propria azienda sono più performanti sul lavoro, pronti a condividere idee innovative ed aiutare i colleghi.

Inoltre, coloro che si sentono legati emotivamente all’azienda, che hanno dunque un senso di appartenenza all’organizzazione, si dedicano alla mission aziendale con una passione e un coinvolgimento altrimenti impossibili da ottenere dal datore di lavoro tramite altre vie (retribuzione economica inclusa).

Aumentare il senso di appartenenza delle risorse umane significa creare un ambiente di lavoro piacevole in cui le persone desiderano rimanere: è una di quelle strategie di retention che ciascun HR dovrebbe mettere in pratica. In tal modo, si ridurrebbe il numero di persone pronte e preparate per la concorrenza.

mano che alza il pollice

Come si crea il senso di appartenenza sul posto di lavoro?

Per creare e diffondere il senso di appartenenza è fondamentale:

  1. Costruire un ambiente di lavoro positivo, in cui ciascuno si sente valorizzato (es. fare un career path, investire sula formazione)
  2. Soddisfare i bisogni psicologici delle persone (es. stima, autorealizzazione, socialità, bisogni primari)
  3. Comunicare efficacemente
  4. Fare team building (es. destinare delle aree ai momenti di aggregazione, organizzare eventi, incentivare il dialogo tra colleghi)
  5. Promuovere lo sviluppo di un clima aziendale favorevole per il benessere individuale e, conseguentemente per quello organizzativo
  6. Costituire il gruppo azienda di cui la persona che lavora deve sentirsi membro. Quest’ultimo aspetto non può prescindere dai precedenti.

I fattori che influenzano il sentirsi appartenenti ad un gruppo

Per sentirsi appartenenti a un gruppo esistono dei fattori che elenchiamo qui di seguito:

  • La vicinanza fisica, geografica;
  • La somiglianza (intesa in termini di idee, sentimenti, interessi, credenze, valori, stili di vita o bisogni);
  • L’identificazione con gli altri appartenenti al gruppo o con le finalità del gruppo stesso;
  • La capacità di condividere la diversità;
  • La convinzione che l’unione fa la forza;
  • La capacità d’integrare la propria diversità con quella altrui;
  • Valorizzare la complementarietà;
  • Considerare il gruppo come molto di più della somma degli individui che lo compongono;
  • Trattare ciascun membro dell’organizzazione come una persona, far percepire che ha valore.

Cosa si può fare per migliorare all’interno di un’organizzazione?

“Trattate bene gli altri, trattateli da uguali, e coinvolgeteli nel lavoro di squadra. Esiste un solo sistema fondamentale per creare un posto di lavoro all’insegna della dignità: umanizzare l’organizzazione”

Dale Carnegie

Umanizzare l’organizzazione è un paradosso o un guadagno?

Umanizzare l’organizzazione sembra un un paradosso se ci si riflette, il quadro finora descritto sembra apparentemente inattuabile e molto lontano dal mondo reale.

In un mondo in cui non c’è mai abbastanza tempo ed i numeri, i risultati economici raggiunti contano più delle persone.

Pensare alla creazione di un legame di tipo emotivo tra l’azienda ed i lavorator* è ad appannaggio di pochi, è visto come una perdita di tempo: l’ennesima utopia, la solita “roba da psicologi”. Eppure, i numeri del fatturato li determinano i lavoratori e ogni azienda è un insieme di persone, è un gruppo.

I gruppi funzionano in un determinato modo e sono il driver della produttività di ogni organizzazione, saperlo e prestare attenzione alle persone può solo costituire un vantaggio anche in termini economici. Perché non farlo?

É uno di quei casi in cui i costi del non fare una data cosa superano quelli del farla, per comprenderlo è necessario provare a cambiare prospettiva. É davvero un costo?

Ecco che ritorna l’associazione tra fattore umano, fattore economico ed organizzativo: sono indissolubilmente legati tra loro e dobbiamo sempre tenerlo presente anche se non lavoriamo nelle risorse umane e non siamo imprenditori. Infatti, siamo comunque membri dell’organizzazione.

Quindi, per quale motivo non iniziare a dare valore alle persone e, dunque, tenere in considerazione ciò di cui abbiamo bisogno? Questa potrebbe sicuramente essere la chiave del successo.

“Si può sognare, creare, progettare e costruire il posto più meraviglioso del mondo… ma c’è bisogno di persone che rendano il sogno realtà”

Walt Disney

Irene Saya

Psicologa del lavoro e del benessere nelle organizzazioni (n iscrizione Ordine Piemonte 9396) Inseguo la mia passione per il mondo HR “come fosse l’ultimo autobus della notte” (T. Guillemets). Sarà per questo che dalla Trinacria sono arrivata a Milano facendo tappa nella città della Mole e non conosco la mia prossima destinazione? Già! Dopo la laurea col massimo dei voti ottenuta con una tesi su un progetto di formazione innovativo in FCA, mi sono occupata di recruiting e di progettazione di interventi formativi in piccole aziende fatte da grandi persone che mi hanno arricchita umanamente e professionalmente, insegnandomi a cogliere la bellezza collaterale degli imprevisti. Adesso sono una recruiter di profili IT. Il mio motto è: “Ci saranno sempre pietre sulla strada davanti a noi. Saranno ostacoli o trampolini di lancio; tutto dipende da come le usiamo” (Friedrich Nietzsche).

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